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BUPP DE CÜVI

BUPP DE CÜVI

CURIOSITÀ E ANEDDOTI DEL PAESE

BUPP DE CÜVI
Ogni paese delle nostre valli ma, a ben vedere, di qualsiasi regione, ha un soprannome che risale alla notte dei tempi, quelli di Cuvio sono sempre stati detti i “Bupp”. Il perché tale nomignolo probabilmente lo si deve ricercare nel fatto che, essendo Cuvio la capitale della valle, rendeva orgogliosi, ma anche un po’ boriosi, i cuviesi che, come i cittadini di ogni capitale, piccola o grande che sia, non mancavano occasione per sottolineare quanto di meglio e di più bello potesse esserci a Cuvio. “E a Cüvi ghè chest!… E a Cüvi ghè chell!… E a Cüvi …bupp bupp...” Un modo di fare che alla gente dei paesi vicini doveva ricordare l’abbaiare insistente dei cani, e ‘Bupp’, inteso come ‘bacaioni’, fu l’epiteto che ne sortì. Un nomignolo sarcastico come dovevano essere tutti i soprannomi, poco gradito ai cuviesi i quali pensarono bene di trasformarlo in ‘Lupi’, dandone un significato diverso e di ben più nobile lignaggio.  

IL MERIGETTO
Il Merigetto, nella lineare cresta del Campo dei Fiori, e quella punta centrale che si eleva di poco, appena a ponente del massiccio della vetta ed è il punto più meridionale del comune di Cuvio. Stando agli studiosi di gnomonica e astronomia antica il termine gli deriva dall’essere stato una meridiana naturale degli antichi abitanti della valle che vedevano il sole a perpendicolo su quella cima, intorno al mezzogiorno o meriggio. Per curiosità abbiamo verificato costatando come, d’inverno, l’effetto si noti da S. Maria di Cuveglio, luogo dove è stata ritrovata una palafitta. Ma anche Cuvio ha il suo orologio naturale infatti dalla Corte, luogo dei primi ritrovamenti del Bronzo, il sole, intorno al mezzodì, fa vertice sulla Colma, altro termine gnomonico.  

LA PIAZA PUJAN
Una volta la piazzetta di Vico era detta anche Piaza Pujàn’ per via di una scultura in ferro battuto e ritorto, di un’aquila in atteggiamento di ghermire, con le ali spiegate, il becco minaccioso e gli artigli pronti all’attacco e che i buontemponi definivano poiana. E’ un abbellimento alla propria casa voluto negli anni trenta dal comm. Lavezzari Isolabella, quello dell’Amaro 18, opera pregevole del fabbro Molinari di Vergobbio, che ha dimostrato di essere un rispettabile epigone del famoso Mazzucotelli. Si racconta che fosse un espediente per scoraggiare gli uomini - ma anche le donne che sotto le lunghe sottane spesso non usavano mutande - dalla diffusa cattiva abitudine di orinare agli angoli delle case.  

UN CALICE E UN VOLTO
Una volta, passando dalla via XXV aprile salendo verso la chiesa, sulla casa Gasperini si potevano vedere infisse nel muro, due piccole pietre raffiguranti un calice stilizzato sotto ad un rubicondo viso. Si raccontava che furono apposte a ricordo di una visita pastorale all’inizio del millenovecento, quando il vescovo di Como, venendo a piedi da Canonica, accaldato dal sole estivo ed assetato, lì giunto, fece una sosta prima dell’ultima salita, rinfrescato da un bicchiere d’acqua offerto dagli abitanti della casa. Ora queste piccole formelle sono state portate da Gianni Ballerini, discendente dei Gasperini, sulla facciata della sua casa in via Valleggio.  

UNA EPIGRAFE MISTERIOSA.
In vicolo Parroco, sotto una finestra di casa Roncari, è posta una lastra in granito sulla quale sta inciso l’arcano motto:”QUID * AGIS * PRUDENTER * AGAS”. Si tratta di una parte della locuzione latina “Quidquid agis, prudenter agas, et respice finem” , ovvero "Qualunque cosa tu faccia fallo con prudenza e considera le conseguenze", sentenza nel quale a noi piace vedere un avvertimento ai giudici dell’antica Pretura di Cuvio. L’ipotesi è basata sul fatto che, Giuseppe Bozzolo, avo dei Roncari, è stato l’ultimo secondino delle carceri di Cuvio e di conseguenza avrebbe potuto recuperare questo frammento di lapide che fregiava la Pretura, quando lo stabile venne abbattuto, nel 1928, e l’abbia poi murata nella sua casa in costruzione.  
  
UNA CURIOSA LOCALITA’
Nel rione di Vico, sulla vecchia strada campestre che porta al cimitero e poi a Cavona, vi è una località che ha il curioso nome di ‘Paradis di Can’. E’ un etimo dovuto presumibilmente a qualche epidemia di rabbia che colpì in tempi antichi la razza canina. L’idrofobia una volta era un pericolo grave anche per il genere umano tanto che grida e ordinanze finalizzate a contenerne la diffusione, prevedevano la soppressione in massa di cani, gatti e altri animali e la loro sepoltura in luoghi specifici, battezzati poi dalla fantasia popolare con i più disparati epiteti. Il Paradis di Can di Cuvio vuol così significare la presenza in passato di uno di questi cimiteri d’animali.  

UN ANNO SANTO STRAORDINARIO
Quando, nel 1933, Papa Pio XI, Achille Ratti da Desio, indisse il Giubileo straordinario per celebrare il diciannovesimo secolo della morte e risurrezione di Cristo, detto anche Anno Santo della Redenzione, don Ermanno Somaini pensò di ricordare l’evento anche a Cuvio con un monumento. Fu così che al vecchio cimitero di “Sottochiesa” – i Giardinetti – dove si stavano facendo lavori di recupero e abbellimento, furono erette due slanciate colonne parallele. L’opera venne benedetta da don Ermanno il 2 aprile dell’anno successivo, lunedì di Pasqua con grande concorso di fedeli e l’iscrizione ‘Anni Sancti MIMXXXIII’ è ancora ben visibile, assieme a quelle in memoria dei morti che vi furono seppelliti.  E' curioso come nella piazza del Duomo di Monza ci sia un monumento perfettamente uguale a questo di Cuvio, la cosa si può spiegare dal fatto che Giuseppe Maggi, sindaco di Cuvio a cavallo tra Otto/Novecento, benefattore del paese, abitava a Monza, dove fondò anche la ditta di lingerie 'Frette'.

LO GNOMO GARIBALDI
Sul muro di cinta della Casa Fano, di rimpetto al Circolo, si può vedere un buffo nanetto da giardino. A un più attento sguardo infatti non sfuggirà la sua foggia militare, con bandoliera, sciabola e berretto fregio. Si tratta di una goffa rappresentazione di Garibaldi e vuole ricordare il passaggio che l’eroe nizzardo fece in Cuvio il 1 giugno 1859, durante la II Guerra d’Indipendenza. Fu infatti in questa casa, allora di proprietà Zanchi, che vennero lasciati i feriti della battaglia di Laveno del giorno precedente, curati dal Dottor Zoppis. Curiosamente, invece di una lapide, fu posata questa bizzarra statua di Garibaldi.  

LA CÀ DI GNEM
Salendo a Comacchio, poco prima del nuceo abitato, si trova un grumo di case denominate con il curioso epiteto di “Cà di Gnem”. Molti si sono chiesti cosa voglia dire, alcuni hanno trovato una risposta nella contraffazione di un antico nome personale, altri ritenendolo un luogo considerato magico e abitato da gnomi o folletti. Niente di tutto ciò, si tratta semplicemente della trasposizione dialettale del termine latino ‘ad nemus’ = “il bosco”, boscaglia che del resto ancora lambisce la zona. Alla stessa etimologia risale pure la chiesa di Milano dedicata a S. Ambrogio ad nemus, denominata popolarmente ‘S. Ambrös andem’.  

UNA ISCRIZIONE INDECIFRABILE

Sulla facciata della Chiesa di S. Lorenzo a Canonica, in un riquadro sulla sinistra, vi è murata una piccola lapide in sasso con una misteriosa scritta non ancora interpretata. Si tratta di caratteri che richiamano la grafia ellenica ma che gli studiosi non annoverano né come greco e né come etrusco. E’ possibile trattarsi di un frammento d’un epitaffio appartenuto al primitivo manufatto: un torrione di guardia romano o antecedente, sulla strada che, passando dalla Valcuvia portava in Svizzera, usato poi, allo svilupparsi del cristianesimo, come pietra decorativa della chiesa.

UN ARTISTA RINOMATO
In un paese di solito si celebrano le personalità che vi sono nate, ma ogni tanto viene ricordato qualche bel nome chi vi è deceduto. E’ il caso di Cuvio dove, il 31 dicembre 1941 in piazza IV novembre, dov’era sfollato per la guerra, morì di polmonite, l’insigne pittore milanese Ludovico Cavaleri, di 74 anni. Discendeva da una stirpe d’artisti: il bisnonno era Camillo Pacetti, romano, pittore e scultore allievo del Canova; il nonno, Benedetto Cacciatori, anch’egli scultore e che ebbe parte nella costruzione dell’Arco della Pace di Milano. Ludovico fu paesaggista, miniaturista, incisore, e pubblicitario, suoi infatti i famosi cartelloni liberty che reclamizzano ancor oggi la la Birra Poretti. Famoso al suo tempo, fra i suoi acquirenti ebbe anche il Re d’Italia. Fu anche professore all’Accademia di Carrara e di Perugia e Milano gli dedicherà una via.  

UN TORMENTATO ALTORILIEVO
All’inizio di Via S. Rocco, sul muro della vecchia casa Zanini, seminascosta da un albero, si trova una scultura dal soggetto tormentato. Ecco quanto scriveva il ‘Robb de Bupp’ nel febbraio ’83 quando l’opera d’arte venne posata: “Una scultura è arrivata in paese grazie ad un artista di cui non facciamo il nome, il quale l’ha donata al sig. Roncari Giovanni che ha pensato bene di esporla agli occhi di tutti. L’opera si intitola ‘Tormento’ ed in effetti dalle forme, si può scorgere un moto dinamicocentrico attorno ad un chiodo che infligge il dolore." Ci si può anche vedere il trasporto in scultura del famoso quadro capolavoro ‘L’urlo’ di Munch.  Ah! l'artista si è firmato: Jean Paul Garetto.

I FRANCOBOLLI DEL C. L. N. DI CUVIO
Appena dopo il 25 Aprile 1945, alcuni Comitati Nazionali di Liberazione locali disposero la vendita di francobolli postali con stampigliato la sigla C. N. L. ed il luogo d’emissione. In tutta l’alta Italia furono solo una ventina e fra questi Luino, Maccagno, Sesto Calende e Cuvio. La disposizione fu presa il 28 aprile ‘45 dal Gen. Salvatore Calori, responsabile del C. L. N. di Cuvio, per onorare i caduti del S. Martino. Si trattava di 300 serie di bolli nei diversi valori - 25 cent, 1 £, 2,50 £ -  stampati dalla Repubblica di Salò, raffiguranti i Fratelli Bandiera venduti su busta commemorativa, iniziativa ripetuta con altre 600 serie, anche in novembre, in occasione dell’anniversario della battaglia. Tali emissioni sono delle rarità filateliche riconosciute da svariati cataloghi, stranieri ed italiani e sono molto ricercate dai collezionisti.
 

MANZONI E CUVIO
In Valcuvia si hanno tracce che ricordano il Manzoni, a Cerro di Laveno, dove soggiornò nel palazzo della seconda moglie, Teresa Borri vedova Stampa, e a Orino una lapide commemora, sebbene erroneamente, la prima stampa qui fatta dei “Promessi sposi”. Anche Cuvio può vantare un connessione manzoniana stando a quanto scriveva, già nel Seicento, Giuseppe Ripamonti, il maggior biografo dell’Innominato. Riporta egli che Francesco Bernardino Visconti, al quale Manzoni si ispirò per il suo personaggio, abbia rapito nel 1590, quand’era un ragazzino, assieme al fratello Galeazzo Maria e altri parenti, la madre Paola Benzoni, vedova, per impedirle di sposare in seconde nozze Cottino Cotta di Valcuvia, figlio di Pomponio feudatario di Cuvio. Quel fatto, secondo alcuni studiosi, darà spunto al Manzoni per narrare l’episodio del rapimento di Lucia.  

LA MANCATA STATUA DI S. PIETRO
Nel maggio 1823, quando morì, Giacinto Galbiati ‘dottore fisico’ già dimorante in Cuvio, lasciò in eredità alla chiesa di S. Pietro la somma di 500 lire Milanesi perché si facesse una statua in marmo rappresentate S. Pietro, ‘scolpita da mano maestra’. I fabbricieri contattarono allora un artista di grido, l’architetto e scultore Giacomo Moraglia che però per l’incarico, di lire ne voleva 1300. Non potendo ottemperare al lascito, chiesero ed ottennero, dalle dovute autorità provinciali e dal subeconomo di S. Lorenzo di Canonica, Cigada, il permesso di far fare una statua in stucco lucido, molto più economica, investendo il resto dell’eredità, in arredi sacri.  

LE CASE DEI PEREGRINI
Nel cortile interno della Casa Maggi in largo Cappia, viè immurata una vecchia lapide che sembra una pioda da chiusino, dove si può leggere questa frase: “HEC DOMUS 2^ DONEC 3^ ANTIQUE FAM.E PEREGRINORUM”. Un’iscrizione che tentiamo di  tradurre così: ‘questa è la seconda casa, dell’antica famiglia dei Peregrini finche’ fu costruita la terza’. In effetti questa era l’antica dimora dei Peregrini a Cuvio, registrati per la prima volta alla fine del XVI sec. con l’appellativo ‘della Varesa’ (Varese), località da dove forse erano oriundi e avevano la più antica delle case. La terza residenza non sapremmo indicare dov’era, sappiamo pero che due secoli dopo, i Peregrini abitarono a Milano in via Solferino, lo stesso caseggiato che poi divenne sede del Corriere della Sera.  

LA FIDANZATA D’ITALIA
Quando la TV nacque, a Milano, nel Gennaio 1954, tra le prime annunciatrici c’era Marisa Borroni che con Cuvio aveva un solido legame. La nonna materna Ida Porro, infatti, era originaria del paese ed era la sorella di quell’Enrico Porro vincitore delle olimpiadi a Londra nel 1908 nella lotta greco-romana. A casa di lei, sulla strada che sale dall’asilo alla piazza, Marisa sfollò da Milano, durante la guerra, quando era ancora una ragazza. Tanto bella e garbata fu la prima ad essere definita ‘fidanzata d’Italia’ e molte furono le copertine e gli articoli dei rotocalchi a lei dedicati. Presentò programmi e spettacoli come il Festival di Napoli, partecipò a Caroselli e lavorò alla radio. Girò anche due film; ‘Altair’ con Franco Interlenghi, e ‘Per le vie della Città’ con Gino Bramieri. Nel ‘58 sposò Elio De Sabata, figlio del direttore d’orchestra Victor. Lavorò in TV per una quindicina di anni prima di ritirarsi, ma a Cuvio qualcuno se la ricorda ancora.    

EVITA PERON
Evita Peron, la donna più famosa ed amata d’Argentina, moglie del Presidente Juan Domingo Peron, non ha certo rapporti con Cuvio, però c’è una curiosa coincidenza che ci ha un poco sorpresi. Quando, nel 1952, nel dolore nazionale, morì di tumore a soli 33 anni, venne mummificata e il suo corpo esposto per anni in una bara di vetro trasparente alla Segreteria del Lavoro a Buenos Aires, visitata da milioni di persone. Quando Peron fu destituito dai militari, la salma di Evita, per vari motivi, in incognito venne trasferita al Cimitero Monumentale di Milano dove rimase fino al 1971 quando fu trasportata prima in Spagna e poi definitivamente tumulata a Buenos Aires. Una storia che molti già sapranno, ma mi ha colpito il nome col quale fu sepolta a Milano: Maria Maggi vedova De Magistris… e non poteva esserci un nome più cuviese dal momento che Maggi è il cognome più numeroso di Cuvio.

LA PESCHIERA
A Cuvio vi è una località privata detta ‘Peschiera’, è posta vicino all’asilo. Il nome riflette apertamente l’antico spazio dove, in una vasca o un invaso, venivano conservati e allevati i pesci. Erano agiatezze da nobili e benestanti, ma ricordiamoci che a Cuvio risiedevano i Feudatari e altre famiglie signorili ed influenti come i Peregrini, i Porta, i Maggi, i Cappia, e altre, che pesci freschi di peschiera potevano permetterseli.

LA VALLE INGLESE  
Si tratta di un'altra località di Cuvio sul fiume Broveda dal nome curioso che non ha nulla a che fare con gli inglesi. Riflette il latino ‘in glarea’ = 'sulla ghiaia'. derivato dal fatto di essere, il fiume, da sempre soggetto a frane e smottamenti che portavano a valle sabbia e pietrisco. Lo stesso etimo che ha dato il nome ad Angera e località come Gera e Gerola. A sostegno valga il termine Burghirun, un’altra pozza appena sopra la Madonnina, che deriva dal termine Bolgirà, che in antico significava danneggiato, rovinato, senz’altro riferito al letto del fiume in quel punto.
Un cenno lo meritano anche quelle due profonde pozze per andare al ponte romano e collegate da una cascatella in un punto impervio che forma come un canyon fra le rocce, dette comunemente “Barluchin” e “Barluchet”, i Laghetti Azzurri insomma. La gente, in antico, credeva che in certe manifestazioni stra-vaganti e misteriose della natura ci doveva essere la mano di qualche demonio, il cui nome però non doveva essere pronunciato per paura che si manifestasse e allora vennero coniati vari nomignoli tra i quali ‘Barlicch’ e ‘Barlocch, come dice il Cherubini nel suo Dizionario Milanese-Italiano.

(giorgio.roncari@virgilio.it)


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