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VIRGILIO SAVINI

VIRGILIO SAVINI

VIRGILIO SAVINI

DA CUVIO A MILANO A PORTAR VANTO

A regalare a Milano il più rinomato ristorante è stato un cuviese, Virgilio Savini. Attorno alla sua nascita era sorta una leggenda che lo voleva figlio di una ragazza madre, domestica presso un avvocato di Milano del quale restò incinta; il padre non potendolo riconoscere, si sdebitò poi sostenendolo finanziariamente all’inizio della sua carriera. Questa vicenda è però fantasia perché Virgilio Savini veniva da una numerosa e regolare famiglia anche se di origini modeste.
Era nato a Cuvio il 10 febbraio 1852, terzo di nove fratelli cinque dei quali morti in tenera età. Il padre Giuseppe, già patriota, gestiva una taverna nella casa Peregrini - di fianco al Ristorante Corona -, dove sostò anche Garibaldi; la madre, Costanza Gattoni, era di Cabiaglio.

Partito molto giovane dal paese, Virgilio a Milano si diede da fare lavorando in osterie e ‘birrarie’, finché non ne aprì una sua, la ‘Stella’ in Porta Genova in società con Gaspare Stabilini di Varese. Avevano le idee chiare e volevano far successo così nel 1881 parteciparono alla grandiosa Esposizione Nazionale nei giardini di Porta Venezia e Villa Reale. Poi si divisero: lo Stabilini aprì il prestigioso hotel Eden, in Largo Cairoli, mentre il Savini rilevò la Birreria Stockers in Galleria, un ritrovo ricercato da chi voleva far lusso, dandogli il suo nome. La capacità imprenditoriale e le buone maniere di Virgilio, fecero sì che in poco tempo il ristorante Savini diventasse il luogo privilegiato della Milano che contava, ambiente favorito da aristocratici, politici, industriali, artisti e intellettuali, per convegni diplomatici, balli di beneficenza, accordi commerciali e incontri culturali perché una cerimonia si elevava di rango se veniva coronata con un banchetto al Savini, avvenimenti che poi la stampa riportava con enfasi.

Al Savini si preparavano grandi pranzi improntati alla gastronomia milanese - famoso è rimasto il risotto all’onda – e alla ‘cusine’ d’oltralpe dove lo champagne non mancava mai. Numerosissimi i personaggi che, in ogni epoca sedettero a suoi tavoli. Lo chef Giuseppe Fontana, capo delle cucine del Savini per decenni, e Angelo Pozzi continuatore dell’opera di Virgilio, narravano di aver servito la Duse, Tina di Lorenzo, Giacosa, Pirandello, Boito, Verdi, Giordano, Mascagni, Puccini, D’Annunzio, Marinetti, Boccioni, Illica, la Rubinstein, Toscanini, Chaplin, Mussolini, Ranieri di Monaco e Grace Kelly, la Gardner, la Callas, De Sabata, Luchino Visconti, Quasimodo, Gatto, Zavattini, ma l’elenco sarebbe infinito perché il Savini, in ogni epoca, ha avuto un carisma speciale ed esclusivo e una personalità non poteva andare a Milano senza farvi una visita.

Erà luogo di ritrovo per gli artisti della Scala a spettacolo finito e una sera Ranieri di Monaco e Grace Kelly attesero pazientemente a lungo, dopo una ‘prima’, la Callas la quale arrivata ancora col costume dell’opera, si sedette a tavola senza scomporsi ne scusarsi per il ritardo. Si racconta che nelle sue sale, Umberto Nobile e Roland Amundsen abbiano progettato la trasvolata sul Polo Nord; che David Lloyd George, primo ministro britannico, ordinasse solo costosissime portate con tartufi d’Alba; che Hemingway abbia pranzato con l’eroina del suo romanzo ‘Addio alle Armi’. Nel 1901 Virgilio Savini venne nominato Cavaliere della Corona "…per aver dotato la città – scrissero i giornali - di un ristorante in forma mondiale e per aver saputo emergere e distinguersi coll’ingegno, coll’attività e lo spirito d’intraprendenza.”

Per un certo periodo i ristoranti Savini furono addirittura due perché, a fine secolo, Virgilio ne fece costruire uno all’Isola Botta, appena fuori Porta Sempione nelle vicinanze dell’Arco della Pace, a quell’epoca ancora periferia. Si trattava di un villino liberty di foggia neorinascimentale con torretta e un teatrino, opera di Ulisse Stacchini uno dei massimi interpreti dello stile floreale a Milano. La sua inaugurazione fu faraonica: le cronache riportano di oltre millecinquecento invitati a cui vennero offerti in grandi quantità dolci, tartine, frutta, vini, birra, liquori e champagne. Il Savini al Sempione divenne meta tradizionale dei frequentatori del trotter.

Virgilio, che a Cuvio fece solo sporadiche rimpatriate, dopo la morte del padre, era stato raggiunto a Milano dalla madre e dai tre fratelli: Marietta che sarà levatrice di corte a Montecarlo, Adelaide governante della famiglia Ricordi ed Edoardo responsabile dell'impresa Peregrini, una grande azienda edile con salde radici cuviesi che fra altri lavori, ebbe parte alla costruzione della Galleria Vittorio Emanuele II. Virgilio cessò l’attività nel 1908 quando, chiuso il Sempione e venduto il ristorante in Galleria, si ritirò a vita privata tenendosi lontano dalla ribalta. A settantatré anni fu colpito da ictus cerebrale una sera d’autunno e la mattina successiva spirò. Era il 30 ottobre 1925. Aveva lasciato disposto un funerale in forma semplice, priva di risalto, senza fiori, né annunci, tuttavia il ‘Corriere della Sera’, pubblicò un sintetico trafiletto ricordandone i successi e annunciandone le esequie. Fu sufficiente perché molti vecchi amici e conoscenti si ritrovassero ad accompagnare il feretro alla Chiesa di S. Pietro, in Piazza Wagner. Venne seppellito nel Cimitero Monumentale di Milano.

Virgilio nel 1881 aveva sposato Nina Campi di dodici anni più giovane, di famiglia benestante, dalla quale aveva avuto tre figli: Angelina, Giuseppe e Claudio che rimasero nel campo della ristorazione. Angelina sposò Fioravante Tagliabue, responsabile del ristorante Campari, che per anni allestì i pranzi ufficiali e domestici per il Re e i famigliari, nel Palazzo Reale, in Piazza Duomo. Claudio, aviatore nella squadriglia di Dannunzio durante la Grande Guerra, e Giuseppe, sposarono due francesi, ne presero la nazionalità e gestirono prestigiosi alberghi a Cannes, Parigi, Digne, Boulogne sur Mer, ma anche a Roma e Milano. Claudino, figlio di Claudio, morì da eroe nell’agosto ’44 durante lo sbarco francese a St Tropez. Michel, figlio di Giuseppe, invece è un alto funzionario della FAO.

Giorgio Roncari                                                                         (giorgio.roncari@virgilio.it) 

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